Laicità Senza Aggettivi

Pubblichiamo volentieri l' articolo redatto dal prof. Massimo Teodori inviato alla nostra Redazione

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A Tullio Gregory va il merito di avere sollevato la questione della laicità, divenuta ormai distintiva delle società liberali, specialmente nella nostra Italia dove da ultimo un’ondata di clericalismo – direi piuttosto di “neo-controriformismo” – ha travolto tutti gli argini parlamentari, a destra come a sinistra, giungendo a dettare legge sui problemi della vita, della morte, delle relazioni interpersonali, della libertà individuale e della ricerca scientifica. Vorrei tuttavia aggiungere un altro elemento alle buone ragioni già esposte da Gregory: quel che davvero manca da noi, diversamente dalla Francia e dagli altri paesi occidentali, è il dibattito culturale nelle sedi politiche in cui sono del tutto scomparse le forze e le personalità capaci di sostenere efficacemente i buoni vecchi principi laici: diritti individuali, primato della coscienza sull’appartenenza, separazione tra Stato e Chiesa, libertà di ricerca e di insegnamento, rispetto del pluralismo, parità tra credenti, non credenti e diversamente credenti, dubbio e non verità…

E’ arrivato dunque il momento di riaffermare l’antico ma sempre vivo patrimonio laico a fronte di concetti fumosi (“sana laicità”, “Stato sanamente laico”, “laicità positiva”) che i neo-controriformisti trasferiscono dal lessico confessionale al dibattito pubblico per sollevare una cortina fumogena dietro la quale si cela la volontà di corrodere lo Stato neutrale e la società aperta. Si leggano, ad esempio, gli argomenti della lettera al “Corriere della sera” del 16 maggio a firma degli esponenti Pdl, Maurizio Sacconi, ex socialista, e Gaetano Quagliariello, ex radicale: “Il sogno secolarista di ricondurre la fede nel ghetto della coscienza individuale”…“La religione non può essere ignorata dalle forze politiche che vogliono orientare il futuro della società”… “Nell’illusione di liberare l’individuo da ogni vincolo, si finisce per cadere nel relativismo” …. “Scientismo … Determinismo antropologico … Laicismo fondato sulla rigida separazione tra Stato e Chiesa”. A me pare che tali precetti, spesso ascoltati nelle allocuzioni di papa Ratzinger, abbiamo un indubbio valore prescrittivo per i credenti, e solo per i credenti, ma non possono essere assunti come i parametri legislativi per l’intera comunità nazionale. Se le loro traduzioni nell’ordinamento dello Stato sono la legge proibizionista sulla fecondazione assistita, il testamento biologico trasformato da scelta individuale a imposizione statale, il divieto di regolamentazione delle coppie di fatto, la censura della ricerca scientifica, la campagna terroristica su Ru486 ed eutanasia, allora ci si trova di fronte non già alla “laicità positiva”, bensì ad un insano confessionalismo senza eguali nelle democrazie occidentali.

L’argomento spesso invocato dai nemici della laicità è che le innovazioni tecnologiche riguardanti la nascita, la morte, l’amore ecc. impongono nuove regole etiche di cui, però, l’unica dispensatrice sarebbe la dottrina cattolica interpretata dalle gerarchie ecclesiastiche. Il problema delle biotecnologie, certo, esiste, ma la soluzione è falsa. Perché una comunità nazionale, attraverso le istituzione che la rappresentano, non può assumere a regola generale l’indirizzo religioso e morale di una parte, per quanto maggioritaria essa sia. Kelsen, antitotalitario per eccellenza, affermava che “il compromesso democratico significa risoluzione di un conflitto mediante una norma che non è totalmente conforme agli interessi di una parte, né totalmente contraria agli interessi dell’altra”. Questa mi sembra un’ottima definizione di laicità.

Massimo Teodori

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