Cordiale come se conversasse con un’amica, Flavia Perina ,quasi 53 anni, dal suo studio alla redazione de il “Secolo d’Italia”, giornale di cui è direttrice , ha risposto ad una serie di mie domande.

Da sempre vicina alle problematiche femminili- negli anni ’80, infatti, fondò insieme ad altre dirigenti femminili, un mensile, “Éowyn”, primo esperimento di femminismo di destra-, la parlamentare italiana si è resa promotrice del movimento “Se non ora quando” ed ha sfilato il 13 febbraio in piazza con molte altre donne,animate , come lei ,da uno spirito di rinnovamento femminista;stanche di vedersi riconoscere sempre più a fatica i propri meriti e di osservare come la “meritocrazia femminile” , mi si passi il termine, si fondi sulle grazie delle giovani piuttosto che sui loro curricula.

Vorrei partire con una domanda che sicuramente le avranno formulato svariate volte:come è nato il movimento di cui è promotrice , movimento che lei stessa ha definito “trasversale e non antiberlusconiano sic et simpliciter”?

E’ nato dall’incontro fra una serie di donne con esperienze diverse. L’iniziativa è partita dalle sorelle Comencini che si sono impegnate a trovare una serie di persone di sesso femminile rappresentative delle diverse aree politiche,dedite all’impegno sociale,attive all’interno dei sindacati o all’interno dei partiti per sostenere il comitato promotore di “Se non ora quando”.

L’ idea di fondo era quella che esistesse fra le donne italiane una saturazione per la situazione che le vede non solo pagare il prezzo probabilmente più alto della crisi,ma anche delegittimate come cittadine,nella loro immagine pubblica e nel ruolo sociale e che bisognasse quindi dar voce alla voglia di dire << Adesso basta!>>.

Quindi cosa ci si è proposti di modificare nello scenario socio-politico italiano dando vita al movimento?

Da lì sono nati gli incontri e la lettera che ha costituito la piattaforma della manifestazione del 13 febbraio,sicuramente con la percezione che ci sarebbero state una serie di manifestazioni importanti,ma nessuna di noi si aspettava un successo così enorme, successo che ha rivelato come non solo il problema esistesse,ma anche che la sensibilità delle donne fosse pronta a tutto questo,assai di più di quanto non immaginassimo . Di fatto io credo che non sia nato un movimento,ma si sia espressa una voce delle italiane di cui non potranno non tener conto la politica ,né altri soggetti nell’immediato futuro.

A questo proposito la storia ci insegna che la posizione della donna ha subito un’evoluzione rispetto al principio del secolo scorso,ma questa ascesa è stata lenta e difficile. Dalle suffragette che rivendicavano il diritto al voto a donne come la Merkel , la Marcegaglia il cammino non è stato agevole. Tuttora la donna si trova ad essere vittima di pregiudizi e l’avanzamento di carriera le è spesso difficile. Pensa che la bocciatura al Senato dell’ 8 marzo della proposta di legge sulle quote rosa nei CDA derivi proprio da questo modo di sentir comune?

In realtà adesso la legge sui CDA è stata approvata,certo un po’ corretta, e c’è un forte impegno per portarla all’approvazione definitiva. Questo, secondo me , è un esito delle nostre manifestazioni perché probabilmente, senza esse, la proposta di legge sarebbe stata accantonata sine die, mentre dopo le manifestazioni lo stesso PDL ha riconosciuto l’assoluta necessità di dare dei segnali di vicinanza alle donne, per non perderne per sempre il consenso.

Sicuramente è un traguardo importante. Lei , che ha da sempre lottato per i diritti delle donne, ha incontrato qualche difficoltà per affermarsi lungo il suo cammino?

I percorsi delle donne della mia generazione sono più o meno simili. Noi abbiamo profuso un forte impegno individuale perché abbiamo dovuto dimostrare spesso di essere più brave degli uomini. Non bastava essere altrettanto brave, bisognava esserlo di più per esercitare le stesse mansioni. Tutte noi vivevamo in una cultura che non era abituata a vedere le donne ricoprire determinati ruoli e pertanto abbiamo la percezione che in questo momento l’Italia rischi di fare dei passi indietro ,perché nell’immaginario collettivo nazionale si sta riaffermando l’idea che la donna sia in qualche modo un soggetto decorativo, un cittadino di serie b ,una persona che lavora solo per portare a casa un secondo stipendio, quindi non meritevole delle stesse garanzie di cui gode un uomo. Altrove le risorse femminili sono considerate un fattore di sviluppo molto importante, da noi accade il contrario.

A questo proposito lei ha dichiarato << Noi ci battiamo contro l’idea che la selezione della rappresentazione femminile avvenga con il metodo Mora>> ed è stata per questo accusata di tenere più alla sua carriera che alla lotta femminista nuda e cruda.

Sì , è stata una affermazione strettamente collegata alla vicenda Ruby che è stata si può dire, “la goccia che ha fatto traboccare il vaso”. Io ho sempre sostenuto che non sia rilevante la sfera privata delle persone , ma è molto importate per la politica e per la rappresentazione della politica,soprattutto, il tema della selezione della classe dirigente.

Nella vicenda Ruby secondo me il tema centrale è stato che ci fossero in gioco ruoli politici di grandissima importanza assegnati a persone prive di titolo, il cui unico merito è stato quello di aver partecipato a delle feste. Questo ovviamente scoraggia molte donne che desiderano entrare in politica e dà delle donne impegnate politicamente un’immagine grottesca perché i cittadini possono pensare che così facciano tutte e soprattutto squalifica l’immagine di un centro destra che opera con criteri di questo tipo per selezionare la classe dirigente.

Certo e implicazione sociale di questo tema è la demotivazione che nutrono le giovani donne rispetto al loro futuro proprio perché assistono all’affermarsi di donne per la loro esteriorità piuttosto che per i meriti o i titoli accademici conseguiti.

Io penso che il vero rischio sociale sia quello di far passare un tipo di cultura che diffonda l’idea, anche nelle ragazze che si danno tantissimo da fare per laurearsi, per arrivare ad una collocazione sociale, che darsi da fare sia da “scemi”. Già è difficile in Italia farsi rispettare, ottenere rispetto di sé stessi , impegnarsi a fondo per perseguire degli obiettivi .

Le ragazze potrebbero pensare << Tutti usano delle scorciatoie,ma chi me lo fa fare di impegnarmi?>>. Questo rischia di essere davvero demolitorio . Fra l’altro si cancella il tema del merito che è stato il fulcro dell’ azione politica del governo . Il PDL ha insistito pesantemente sul tema del riconoscimento del merito, ogni volta che ha affrontato un provvedimento sull’università, sul lavoro, sui dipendenti pubblici.

Certo, basti pensare al decreto Brunetta.

Sì e l’ aspetto più grave è stata la difesa di questo tipo di situazione da parte di esponenti del PDL . Ciò ha creato in assoluto più danni ,perché difendere questo comportamento asserendo che sia normale, che lo fanno tutti, vuol dire consigliare alle giovani donne,ma anche a quelle un po’ più mature ,di emulare quelle più disponibili e di non perdere tempo a seguire la via maestra che è quella dell’impegno , dello studio.

Altro punto da analizzare è quello secondo cui giovani donne a causa delle condizioni che il mercato del lavoro e la crisi finanziaria impongono preferiscano non cercare lavoro e dedicarsi alle attività domestiche per non essere “costrette” a lavorare svariate ore al giorno, sottopagate.

Non ho dati alla mano su questo aspetto ,ma ritengo che oggi siano delle privilegiate le donne che non hanno la necessità di cercare lavoro e che siano la minoranza, spero, coloro che sognano di incontrare un marito ricco e di “farsi mantenere”.

La maggioranza delle donne accetta tutto quello che trova sul mercato : contratti precari, turni di notte, sperando ,attraverso un percorso di precariato di arrivare ad un lavoro garantito.

Questa è la stessa cosa che ha fatto ogni generazione, ma ad esempio, la mia generazione sapeva che nell’arco di 5 – 6 anni al massimo ,dandosi da fare, da un lavoro precario si sarebbe approdati ad un lavoro garantito. Questa generazione, invece, questa aspettativa non la ha più, immagina sé stessa in uno stato di precarietà permanente.

 Quindi lei è d’accordo ad esempio, con Susanna Camusso , segretario CGIL, che in un’ intervista per “la Repubblica” ha affermato che la vera forma di contraccezione è oggi il precariato?

Queste sono dichiarazioni in un certo qual modo sloganistiche . Il precariato a vita certo impedisce di fare qualsiasi investimento sulla vita personale o comunque lo rende problematico. Richiede enormi dosi di ottimismo compiere scelte come quella della maternità ; ma non la vedrei in termini così drastici, semplicemente l’età del primo parto o del matrimonio si è spostata in avanti in Italia rispetto agli altri Paesi d’ Europa proprio perché è difficile acquistare stabilità economica.

Quindi lei consiglierebbe alle giovani donne di non arrendersi e di perseguire i propri obiettivi,che siano il conseguimento di un titolo universitario o l’affermarsi sul posto di lavoro?

L’unico consiglio che mi sento di dare, se di consiglio si può parlare, perché le donne non si arrendono per carattere ,è quello di accantonare l’idea che ci sia una sorta di automatismo nella progressione delle loro vite o nel raggiungimento di certi traguardi, il pensare “le cose vanno così e non potrebbero andare diversamente” . Senza impegno le cose non accadranno per caso, quindi, secondo me , il nocciolo del messaggio lanciato il 13 febbraio è stato quello della partecipazione politica in prima persona. Cioè a dire è necessario “mettere la faccia” in una rivendicazione , in una protesta, in un segnale di disagio perché è impensabile aspettarsi ,senza questo tipo di impegno, che le cose si aggiustino da sole. Non si aggiusteranno. E’ necessario essere compatte sulle richieste di riconoscimento di alcuni diritti.

Francesca Lombardi

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