giovedì, Aprile 24, 2025

Karl Popper: Un Pensatore senza Esoterismi

Karl Popper: un pensatore che ha lasciato un'impronta nella storia del pensiero. Le sue idee e il suo contributo al dibattito filosofico.

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Il Principio di Falsificabilità

Al principio di verificazione sostenuto dal Circolo di Vienna, Popper, intorno alla metà degli anni trenta, oppone il principio di falsificabilità.

Quest’ultimo a differenza di quello dei neopositivisti è un criterio di demarcazione e non di significanza.

Serve a distinguere ciò che è scientifico da ciò che scientifico non è, ma non esprime nessun giudizio sulla sensatezza o insensatezza degli asserti non scientifici.

<< Come criterio di demarcazione non si deve pretendere – spiega Popper – la verificabilità, ma la falsificabilità di un sistema.

In altre parole : da un sistema scientifico non esigerò che sia capace di essere scelto, in senso positivo, una volta per tutte ; ma esigerò che la sua forma logica sia tale che possa essere messo in evidenza, per mezzo di controlli empirici, in senso negativo : un sistema empirico deve poter essere confutato dall’esperienza >>.

Lo Status Scientifico delle Ipotesi

In altre parole, secondo Popper, << una ipotesi acquista status scientifico solo quando viene presentata in una forma in cui possa essere falsificata, cioè a dire solo quando è divenuto possibile decidere empiricamente tra essa e qualche teoria rivale >>.

Partendo da  queste premesse, Popper, nelle ormai celebri pagine di Congetture e confutazioni, demolisce la pretesa di scientificità delle teorie di Marx e di Freud.

Infatti esse trovavano solamente continue conferme da  parte dei loro seguaci, non avendo mai esplicitato le condizioni che avrebbero potuto falsificarle. << Una teoria che non può essere confutata da alcun evento concepibile – precisa Popper – non è scientifica.

L’inconfutabilità di una teoria non è ( come spesso si crede ) un pregio, bensì un difetto >>.


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Il Progresso Scientifico secondo Popper

Certamente Popper ritiene che  il progresso scientifico procede falsificando le teorie. Ma accanto a questo convincimento sviluppa la tesi che malgrado tutto c’è un accumulo di conoscenza.

E c’è in lui, contro il positivismo logico, la convinzione che la scienza ha valore pratico e pragmatico, essa descrive il mondo e non può prescinderne.

Per questo non ci si può muovere dai fatti alla costruzione delle teorie, ma dalle teorie al loro controllo mediante i fatti.

Se questo accordo sussiste, allora la teoria viene assunta come vera ; e solo provvisoriamente, comunque. Essa conserva un carattere congetturale ed ipotetico. E potrà dunque venire confutata da futuri controlli.

Le Implicazioni Filosofico-Politiche delle Idee di Popper

Va da sé, che messe così le cose, per Popper si dischiudevano nuovi ed imprevisti scenari d’intervento, non solo in termini scientifici, ma anche filosofico-politici. Nasceva da qui, infatti, l’avversione netta contro tutte quelle visioni del mondo << stabilite una volta per sempre >>, che impedivano di delineare procedure razionali capaci di individuare dove si fosse sbagliato.

A cadere sotto il maglio falsificazionista – è il caso di ripeterlo alla luce di quanto detto – è la tradizione storicista, che si richiamava a una legge inarrestabile e necessaria del mutamento storico.

Facendo coincidere questo approccio con la legittimazione dei sistemi politici totalitari, Popper ne sintetizza così la sua confutazione : << noi non possiamo predire, mediante metodi razionali, lo sviluppo futuro della conoscenza scientifica. Perciò non possiamo predire il corso futuro della storia umana.

Ciò significa che dobbiamo escludere la possibilità di una storia teorica; cioè di una scienza sociale storica che corrisponda alla fisica teorica. Lo storicismo è quindi infondato. E crolla >>.

La Proposta di una Società Aperta

In opposizione a questa visione predeterminata, soffocante e chiusa della storia e della società, fondata su  << labili certezze >>, Popper  propone un approccio << aperto >>, e quindi sempre rettificabile, incarnato dal sistema democratico occidentale di cui traccerà un incondizionato elogio, quale il << migliore dei mondi possibili >>.

In un’intervista rilasciata nel 1971, l’epistemologo viennese sostiene, senza ambiguità, le tesi di fondo delle sue riflessioni di filosofia della politica :

<< in tutti gli ordinamenti sociali di cui abbiamo conoscenza – egli afferma – sono esistite ingiustizie e oppressione, povertà e miseria, e anche gli ordinamenti delle nostre società democratiche occidentali non costituiscono un’eccezione. Ma le nostre società combattono questi mali.

Ed io credo che in esse vi siano meno ingiustizie ed oppressione, povertà e miseria che in qualsiasi altro tipo di società di cui ci sia nota l’esistenza.

Gli ordinamenti delle nostre società democratiche occidentali sono dunque assai imperfetti e abbisognano di correzioni, ma sono i migliori che siano esistiti fino ad oggi.  Di ulteriori miglioramenti vi è urgente bisogno.

Tra tutte le idee politiche il desiderio di rendere gli uomini perfetti e felici è forse quella più pericolosa. Il tentativo di realizzare il Paradiso sulla terra ha sempre prodotto l’inferno >>.

E poi aggiunge : << io credo nella ragione, non credo naturalmente che tutti gli uomini siano sempre ragionevoli : lo sono solo di rado. Non credo neppure nella violenza della ragione o nella forza della ragione.

Credo piuttosto che noi abbiamo la scelta tra ragione e violenza, che la ragione sia l’unica alternativa all’impiego della violenza e che sia delittuoso un impiego della violenza evitabile >>.

La Difesa della Società Aperta e i Suoi Paradossi

 Una violenza evitabile, che sottende però, in caso di necessità, il ricorso alla violenza. Popper, legittima il ricorso alla violenza per evitare i paradossi della  <>.

Infatti la società aperta evita il paradosso della libertà nel senso che le istituzioni non possono lasciare liberi i prepotenti di schiavizzare i mansueti, ed evita anche il paradosso della tolleranza :

<< se non siamo disposti a difendere una società tollerante – avverte Popper – contro l’attacco degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti, e la tolleranza con essi >>.

Per questo, << noi dovremmo proclamare, in nome della tolleranza, il diritto di non tollerare gli intolleranti >>.

Articolo di Ludovico Martello Elaborazione Grafica di Marco Cuomo

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Ludovico Martello
Ludovico Martello
Saggista. Si è laureato in Sociologia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Autore di numerosi saggi sul processo di Modernizzazione. E' stato ricercatore a contratto presso la Luiss Guido Carli di Roma, ha insegnato Filosofia della politica, con contratto annuale, presso l'Università degli Studi del Sannio. Cofondatore dei magazine web "PoliticaMagazine.info” e "PoliticaMagazine.it”
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